Draft:Perché la Cina diverrà una potenza mondiale?

Perché la Cina diverrà una superpotenza mondiale?

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Le cause della recente[1] crescita economica della Repubblica Popolare Cinese si possono addossare a 3 fattori principali: in primis la modernizzazione dello Stato[2], il ruolo dell’hi-tech nel mondo e il controllo di una grande fetta del globo. Per quanto riguarda il primo punto si prega di leggere la nota poiché considerata causa profonda ma non fondamentale in questa analisi. Analizziamo ora i punti chiave.

Le industrie informatiche, ed in generale tecnologiche, cinesi hanno guadagnato campo a dispetto delle acerrimo avversario USA. Tali aziende sono spesso capeggiate, o affiliate, a personale militare di alto grado del Dragone, permettendo a Xi Jinping (da tener conto della personificazione) di avere vari vantaggi (tra cui recuperare dati personali dei membri di Tiktok per esempio). Importante è tuttavia da notare che un’azienda, quasi, statale sarà molto più probabilmente sostenuta da “incentivi” economici della Repubblica evitando che fallisca rispetto ad una infrastruttura privata. Per questo motivo, difficilmente le aziende importanti cinesi correranno rischi finanziari gravi. Un’ultima componente fondamentale degli statuti aziendali cinesi è questa: tali aziende, d’altronde come la Cina stessa, difficilmente si interessano delle regole e convenzioni accettate dal resto dell’Occidente sviluppato, anzi, molto spesso “se ne fregano” (cit. Simone Guida). Ma come fanno le aziende informatiche cinesi ad avere il primato? Semplice, la Cina possiede il monopolio (o quasi) delle materia prime per la costruzione di componenti elettroniche. Innanzittutto la Cina è il più grande possessore al mondo di “terre rare”, ovvero 17 metalli dotati di straordinarie proprietà magnetice e conduttive (come lo scandio e l’ittrio). In effetti, la Cina controlla l’intera filiera della REE (Rare Earth Elements) e ha di conseguenza il monopolio di tale mercato. In aggiunta alle terre rare la Cina è il punto di snodo della filiera del cobalto e del litio (fondamentali per gli strumenti elettronici) e, ad es. lavora il 65% della produzione globale di cobalto e, ahimé, solo il 5.5% del litio. Tuttavia è importante ricordare che le estrazioni di cobalto e litio nei paesi africani costano ben poco di manodopera alle aziende date le disumane condizioni di lavoro (o meglio, di sfruttamento), ma come ho detto sopra, alla Cina questo importa ben poco, e punta solo a massimizzare i profitti. Certamente, legato all’estrazione di materie prime è legato il problema dell’inquinamento ambientale, ed in effetti le infrastrutture di estrazione incidono fortemente sulle emissioni di CO2 e altre sostanze tossiche (blog.ui.torino.it/2021/03/10).

Il secondo punto è ancora più incidente del primo: la Cina negli ultimi periodi sta stravincendo nel conflitto di supremazia diplomatica mondiale contro gli Occidentali per antonomasia (Fernand Braudel). Principalmente nel Medio Oriente, ma anche in Africa la Cina sta facendo patti su patti con gli stati locali per avere, in pratica, un forte controllo su di loro[3] in cambio di infrastrutture ed assistenza. Primo stato fra tutti il Pakistan, punto di snodo tra Medio Oriente e Asia Centrale, e stato fondamentale per lo sviluppo della Belt and Road Initiative (Via della Lana e della Seta) (Simone Guida). Un altro stato a cui il Dragone risulta interessato da un punto di vista economico è l’Afghanistan, uno dei tanti nemiconi degli Stati Uniti d’America[3]. Ciò che interessa principalmente alla Cina è l’ingente quantità di riserve minerarie e petrolifere del paese. Sempre parlando di Medio Oriente, la Cina ha permesso, nel marzo 2023, all’Iran e Arabia Saudita (con cui la Cina già ha rapporti diplomatici dal 2016) di ristabilire le proprie relazioni diplomatiche, interrotte da 7 anni. In breve, la Cina sta sostituendo il ruolo degli USA in Medio Oriente, mostrandosi come un “alleato” svincolato dalle regole con un patrimonio enorme pronto a spenderlo per le risorse degli stati mediorientali (www.cese-m.eu, 03/2023) . Ancora più significativi sono gli accordi, secondo le medesime metodologie utilizzate in Oriente, con i paesi del Continente nero che la Cina sta portando avanti da qualche anno. Nel 2019 la maggior parte degli stati africani[5] importava merci dalla Cina, e gli afflussi di investimenti cinesi hanno raggiunto soglie di 5 miliardi di dollari nel 2023[6]. In primis l’impero di Xi vuole ottenere il primato energetico mondiale, tentando di creare una sorta di monopolio sul mercato globale anche in vista della crisi climatica e dei problemi di produzione di energia pulita ad essa legati[7].

La Cina sta dunque minando terreni “fertili” (sicuramente da un punto di vista minerario) in una parte del mondo che diventerà presto lo scenario principale per la svolta green e, nel medio termine, diventerà la più grande potenza industriale elettrotecnica e, molto probabilmente, deterrà il primato sulle terre rare, cobalto, litio, e fonti energetiche pulite. Insomma, un grande affare da non farsi scappare.

Federico Lenzi, 26 agosto 2024


Note:

[1]: da ca. l’anno 2022 ad oggi

[2]: iniziata già nel 1979 con Deng Xiaoping con l’apertura da parte di un paese ex-comunista verso l’esterno, diventando competitore mondiale di agricoltura ma soprattutto nel campo tecnologico (iniziata nel 1995). Da notare che la maggior parte delle industrie tecnologiche cinesi sono amministrate, o comunque hanno un forte legame con personale militare dello stato. Un altro tratto peculiare che, anche se in parte minore, ha favorito la riuscita della modernizzazione è l’unità nazionale (o quasi: cfr. questione degli Uiguri) e la diligenza dettata da un passato (dal 605 al 1905) a stampo mandarino (cfr. Wikipedia Mandarino_(funzionario), sezione Storia). In aggiunta a tutto ciò, la modernizzazione c’è stata anche sotto un punto di vista militare: la Cina è divenuta una potenza mondiale con le sue 360 navi militari, superando quelle americane, e altrettante centinaia di missili balistici, al momento più di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme fuori dalle zone di guerra (fonte: Simone Guida, novembre 2023). La Via della Seta (o BRI) è un progetto che ha sempre resistito a tutto (Covid-19, guerra Russia-Ucraina, etc.) e mantiene il PIL cinese costantemente in crescita.

[3]: in particolare controllando materie prime, risorge energetiche, possibili alleanze contro gli USA, forza lavoro a basso costo e postazioni militari a modello statunitense

[4]: che tra l’altro hanno fallito miseramente sprecando ingenti risorse militari ed economiche per 20 anni (guerra in Afghanistan 2001-2021)

[5]: tali Stati sono: Algeria, Libia, Egitto, Sudan, Etiopia, Kenya, Uganda, Tanzania, Madagascar, Gibuti, Uganda, Repubblica democratica del Congo, Sudafrica, Angola, Congo, Cameron, Nigeria, Benin, Togo e Lomé, Costa d’Avorio, Liberia, Sierra Leone, Guinea, Senegal, Mauritania, Niger e Chad.

[6]: Data: Chinese Investment in Africa — China Africa Research Initiative (sais-cari.org), aprile 2023

[7]: in effetti la Cina sta riducendo l’importazione di petrolio, ritenuto non più così prioritario