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Intenzionalità condivisa(Shared Intentionality), è un concetto in psicologia che descrive la capacità dell’essere umano nell’interagire con lo stato psicologico degli altri. Secondo il pensiero tradizionale nelle scienze cognitive la intenzionalità condivisa supporta lo sviluppo del tutto, tramite le interazioni di gruppo e dell’assimilazione della conoscenza identità morale (moral identity) e evoluzione culturale (cultural evolution) che fornisce le fondamenta societarie, essendo un pre requisito della realtà sociale.[1]
Il sapere sulla Intenzionalità condivisa si è sviluppato a partire dalla fine del secolo scorso. Questo costrutto in psicologia fu introdotto negli anni ’80 con una condivisione diretta di stati psicologici tra i partecipanti, senza però stabilire un’età in cui inizia.[2][3][4] Lo sviluppo della conoscenza attraverso l’interazione madre-figlio ha fornito maggiori informazioni sula Intenzionalità condivisa; questo permette al bambino di un anno di apprendere culturalmente.[5] Più tardi, Tomasello ed altri, hanno ipotizzato che , anche alla nascita, i neonati recepiscono questa intenzionalità condivisa tramite chi li accudisce deducendo quindi che questa abilità di condividere stati psicologici con gli altri emerge immediatamente dopo la nascita. [6] Tomasello ha ipotizzato un aumento graduale dei legami sociali tra i bambini i cargivers attraverso la forza motrice essenziale della Intenzionalità condivisa che inizia con la condivisione delle emozioni alla nascita.[7]
Il concetto è leggermente vicino alla Intenzionalità collettiva (Collective intentionality). La nozione filosofica di Intenzionalità collettiva definisce la capacità di un gruppo di formare co-interazioni quando gli individui sono congiuntamente interessati ad oggetti, questioni di fatto, stati di cose, obiettivi o valori. Questa co-interazione si verifica quando due o più individui intraprendano consapevolmente insieme un’attività. L’attributo dell’intenzionalità collettiva è definito nell’interesse all’oggetto in un’intenzione comune ne, nel potere cosciente delle menti di essere congiuntamente diretti verso un obiettivo. Si pensa che l’Intenzionalità collettiva implichi solo intenzioni consapevoli che sono la causa della azioni. Per questo, già a tre o quattro anni, dopo anni di continue interazioni con altre persone, i bambini riescono a sviluppare un’abilità nell’Intenzionalità collettiva che serve per la comprensione dei fondamenti culturali basati su credenze e attività collettive.[8] Al contrario, il costrutto psicologico dell’Intenzionalità condivisa”, descrive processi inconsapevoli durante l’apprendimento sociale ad inizio vita, quando gli organismi sono in uno stadio di sviluppo cognitivo sensomotorio e non possiedono un pensiero astratto. [9] Questa differenza implica la possibilità, tra i due concetti, di due processi neuropsicologici differenti alla base della loro comparsa.
Negli ultimi anni, il costrutto psicologico della Intenzionalità condivisa viene esplorato attraverso diverse prospettive studiando ad esempio: i processi cognitivi coinvolti nella creazione e nel sostegno dell’attività cooperativa di gruppo,[10] la collaborazione dell’attività neuronale inter-encefaliche attraverso gli studi sulle neuroscienze,[11][12][13][14][15][16] e le prestazioni di gruppo negli studi psicofisiologici.[17][18][19][20][21] Tuttavia non è chiara la natura dell’interazione nella Intenzionalità condivisa, del perché si manifesti anche nei neonati, organismi nella fase di sviluppo dei semplici riflessi.[22]
DEFINIZIONE
editNel pensiero classico, una definizione è una dichiarazione dell’essenza di un qualcosa. La Intenzionalità condivisa è una "variabile latente" che può essere dedotta solo indirettamente. La definizione di questo costrutto psicologico dovrebbe essere attentamente considerata perché l’impatto traslazionale della ricerca fa affidamento su come noi definiamo questo fenomeno implicito.
La definizione di Intenzionalità condivisa dovrebbe costituire ulteriori direzioni di ricerca, ad esempio per comprendere i processi neurofisiologici alla base dell’individuazione degli obiettivi negli individui. Lo studio sulla Intenzionalità condivisa inizia con la comprensione del processo della capacità di consentire interazioni coordinate e collaborative tramite una motivazione a condividere stati mentali. Tuttavia, il perché questo modello di comprensione reciproca riesca anche nei neonati e l’essenza di questo fenomeno non è chiara. La definizione dovrebbe spiegare i significati di tale costituente così fondamentale per questo costrutto, così come questa condivisione di stati mentali può verificarsi, considerando l’età dell’organismo che manifesta questa capacità. La definizione iniziale non chiarisce come i bambini siano in grado di percepire la Intenzionalità condivisa quando non riescono a comunicare attraverso segnali sensoriali all’inizio dell’apprendimento sociale.
Anche l’essenza di uno stato mentale, in questa fase di sviluppo, ha bisogno di chiarimenti. Recenti intuizioni nella ricerca neuroscientifica, suggeriscono che la Intenzionalità condivisa, emerga sin dalla nascita nelle coppie madre-figlio facilitando l’interazione collaborativa per condividere stimoli sensoriali essenziali.[23][24][25] Questo legame sociale consente la formazione ecologica negli organismi fin dalla prima infanzia, a partire dai semplici riflessi nello sviluppo cognitivo.[26]
CONTRIBUTI
editLa Intenzionalità condivisa è un mezzo per l’apprendimento degli organismi dell’intorno sin dall’inizio della cognizione. Il significato di questa nozione è che questa la comunicazione pre-percettiva sia cruciale per all’assimilazione della conoscenza ambientale nel periodo in cui gli organismi non riescono a comunicare attraverso segnali sensoriali. In questa fase gli organismi non sono nemmeno in grado di colpire; possono mostrare comportamenti orientati verso un obiettivo attraverso riflessi primitivi; Neanche la percezione degli oggetti può apparire autonomamente in questa fase di sviluppo. Gli organismi dovrebbero riuscire ad ottenere una rappresentazione olistica dell’ambiente, prima di avere la percezione, per poi riuscire ad elaborare con successo e organizzare, identificare e interpretare le informazioni sensoriali.[27] Questo concetto spiega il perchè la Intenzionalità condivisa sia caratterizzata come un’interazione inconsapevole in cui gli organismi immaturi selezionano stimoli mirati dei contributori maturi.[28]
Una spiegazione dei processi neurofisiologici durante questo interazione iniziale è affascinante tanto quanto essenziale poiché rivela prospettive per la comprensione della percezione e della conoscenza e promuove anche progressi in molti campi della conoscenza, dalla biomedicina all’ intelligenza artificiale. In medicina, prendere in considerazione l’importanza della Intenzionalità condivisa nella coppia madre-figlio, potrebbe contribuire a valutare lo sviluppo cognitivo dei bambini.[29][30] Il progresso nella scoperta dei processi sottostanti alla Intenzionalità collettiva può aiutare la gestione delle reti neurali artificiali degli arti protesici intelligenti attraverso un collegamento con la rete sensorimotoria umana.[31] La fattibilità di far interagire il cervello umano con un computer mostra una strada per una nuova fase nella progettazione dell’intelligenza artificiale.[32]
IPOTESI NEUROFISIOLOGICA
editAl giorno d’oggi solo un’ipotesi tende a spiegare i processi neurofisiologici durante la Intenzionalità condivisa nell’integralità complessiva dai livelli cellulari a quelli delle dinamiche interpersonali. Secondo Professore Igor Val Danilov,[33] la Intenzionalità condivisa emerge nella diade madre (contributore) e bambino (ricevente) sotto specifiche condizioni che corrispondono al modello di comunicazione madre-feto. Questo modello di interazione tra organismi strettamente correlati è descritto dai seguenti attributi: (i) apprendimento sociale in mancanza di interazione sensoriale significativa tra loro; (ii) stimoli incomprensibili (per il ricevente) in un contesto naturale condiviso; (iii) un singolo oscillatore armonico a bassa frequenza.[33] All’inizio le dinamiche interpersonali in questi organismi messi in relazione, mantengono il meccanismo ereditario di sincronizzazione sociale (social entrainment) del destinatario dal ritmo socio-biologico del contributore, sincronizzando i processi fisiologici in questi organismi. Pertanto , a livello cellulare, si verifica una coordinazione dell’attività neuronale gamma in ciascun organismo in reti separate simili di diversi sottosistemi che sono rilevanti per le dinamiche interpersonali di questi organismi nel contesto naturale specifico.[33]
L’aumento dei battiti cardiaci del contributore (oscillatore a bassa frequenza) gestisce la coordinazione temporale gamma centrale e periferica in ciascun organismo, nidificando le oscillazioni gamma delle reti locali ( interferenza tra le onde delta e gamma). La coordinazione gamma-temporale locale, modulata in modo simile nelle diverse zone cerebrali dei diversi sistemi nervosi, fornisce un’attività neuronale coordinata che può fornire un’elaborazione neuronale integrata.[33] Quindi a causa delle dinamiche interpersonali, del contesto naturale condiviso e dell’oscillatore a bassa frequenza, le cellule e persino le loro reti di diversi sistemi nervosi si comportano in modo coordinato (accoppiamento neuronale non locale), e l’elaborazione neuronale integrata in tutti gli organismi è simile.[33] In queste condizioni ogni atto intenzionale del contributore diventa un modello per il sistema nervoso del destinatario- le "istruzioni" sull’organizzazione strutturale sinaptica correlata ad uno specifico stimolo sensoriale.[34] In breve, i battiti cardiaci della madre, possono sincronizzare le onde gamma cerebrali di sistemi neuronali centrali e periferici già stimolati, e simili in entrambi gli organismi a causa del bioritmo nell’ecosistema condiviso e, a causa di questa armonia fisiologica, l’attivazione di reti senso motorie specifiche nella madre, allineano quelle nel feto; quindi a causa dell’ecosistema condiviso, questo porta il giovane sistema nervoso a rispondere correttamente a determinati stimoli sensoriali attraverso meccanismi statistici basati su numerose prove ed errori di successo.[33][34] In tal modo, un atto intenzionale del contribuente fornisce contemporaneamente un’apparenza di percezione subliminale nel destinatario. L’Intenzionalità condivisa fornisce al destinatario un indizio diretto per lo stimolo pertinente, fornendo una comunicazione pre-percettiva.[35]
L’approccio della Intenzionalità condivisa cerca di combinare l’Esternalismo con le idee empiriste sull’inizio della cognizione attraverso l’apprendimento nell’ambiente. Secondo questo gruppo di pensiero nella filosofia della mente (Esternalismo), i simboli comunicativi sono codificati nelle proprietà topologiche locali delle mappe neuronali,[36] che riflettono un modello dinamico in azione.[37] La rete neurale sensorimotoria, consente al segnale rilevante di essere connesso a un simbolo specificomemorizzato memorizzato in strutture sensorimotorie che rivela significati tangibili.[36][38] Da questa prospettiva l’ipotesi di Intenzionalità condivisa completa anche la "Teoria del Nucleo della Conoscenza" tessendo anche l’ipotesi autosufficiente e indipendente rispetto al linguaggio.
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