File:Christine Marie de France as Minerva, Charles Dauphin.jpg

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Summary

Artist
Charles Dauphin  (1615–1677)  wikidata:Q2958844
 
Description French painter
Date of birth/death 1615 Edit this at Wikidata 1677 Edit this at Wikidata
Location of birth/death Nancy Turin
Work location
Turin (1650–1677); Paris (1640–1650); Nancy (–1640) Edit this at Wikidata
Authority file
artist QS:P170,Q2958844
Object type painting
object_type QS:P31,Q3305213
Description
English: So-called portrait of Christine Marie of France, Duchess of Savoy as Minerva
Italiano: "Ritratto equestre di Ludovica Cristina di Savoia"
Caption from Catalogo Generale dei Beni Culturali

"Il dipinto è ricordato negli inventari del Castello di Racconigi, insieme ad altre tre tele di soggetto equestre femminile, a partire dal 1838. Più precisamente, nella Guida della residenza pubblicata nel 1873 l’opera era collocata nella gran Sala di accesso agli appartamenti reali al secondo piano e nell’inventario redatto cinque anni più tardi è descritta come “un dipinto olio su tela antico rappresentante una donna a cavallo, con spada in mano e angeli che suonano trombe” (Bertana 1987, p. 163-164). Noemi Gabrielli, nella ricognizione sulle opere della residenza compilata nel 1951, riconosceva nell’effigiata la principessa Ludovica, figlia di Cristina di Francia, e attribuiva il dipinto al pittore di corte Jan Miel. Diversamente, Michela di Macco (Diana Trionfatrice scheda n. 25, pp. 24-25) proponeva di identificare la principessa a cavallo vestita all’antica con copricapo piumato raffigurata sulla tela in Cristina di Francia. L’amazzone brandisce la spada e mostra lo scudo con la gorgone, attributi associabili a Minerva, sebbene di norma la medusa sia raffigurata sul petto della dea ed essa brandisca una lancia. La duchessa, specialmente dopo la sua vittoria sui cognati al termine della guerra civile, fu ripetutamente paragonata alla dea della saggezza e definita nella poesia encomiastica di corte “saggia Pallade alpina”. La Fama alata con la tromba e Amore che la precedono, insieme a un paggio moro, ne esaltano e diffondono i meriti raggiunti e futuri. La studiosa riferiva inoltre il dipinto al pittore di corte Charles Dauphin, proponendo una datazione all’inizio degli anni Sessanta del Seicento. In considerazione dei caratteri formali del dipinto, senza dubbio la tela si apparenta, soprattutto per le modalità di realizzazione della figura allegorica femminile e dell’erote che la accompagna, alla produzione dell’atelier del pittore lorenese. Così i caratteri dell’abbigliamento, in particolare l’estroso copricapo di piume, desunti dal repertorio dei costumi per feste di corte e tornei, ben si collocano tra settimo e ottavo decennio del Seicento. Tuttavia, sorprende la scelta, in date prossime alla morte della duchessa, avvenuta nel 1663, di raffigurarla con un viso molto giovanile e con un abbigliamento che non rispecchia la sua immagine pubblica in abiti vedovili, costantemente ostentata, benché si tratti di un ritratto allegorico. Potrebbe dunque trattarsi di un omaggio, magari eseguito post-mortem, alla prima Madama Reale, all’interno di un più vasto ciclo di ritratti equestri dedicati alle principesse di casa Savoia, oppure si deve considerare l’ipotesi che l’opera voglia alludere, come già ipotizzava la Gabrielli, a una principessa della successiva generazione, ossia una delle figlie di Cristina o, piuttosto, una delle sue cognate, Francesca di Valois o Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, sebbene i caratteri somatici del volto non siano avvicinabili all’iconografia nota della seconda. Diffuse e apprezzate erano queste tipologie di ritratti, come dimostra la presenza di ben quattro esemplari, rappresentanti la madre, il fratello e le sorelle, nell’inventario dei beni della principessa Ludovica, stilato nel 1679 (ASTO, Sezioni Riunite, Camerale Piemonte, Articolo 805, Inventaro della Guardarobba). Un bozzetto o derivazione del ritratto, privo di riferimenti alla dea Minerva, si conserva nel patrimonio della Fondazione Mazzonis. La tela è allestita all’interno di una ampia serie iconografica sabauda che include principalmente opere risalenti al XVII secolo, benché esse rappresentino esponenti del casato a partire dall’età medievale. La maggior parte dei dipinti pervennero in questa sede a seguito del dono del castello di Racconigi al principe di Piemonte Umberto di Savoia da parte di suo padre, Vittorio Emanuele III, nel 1929. Il primo volle collocare in questa residenza, analogamente a quanto dispose per i suoi appartamenti in Palazzo Reale a Torino, le sue raccolte di iconografia sabauda e dinastica, con attenzione anche alle famiglie regnanti che, nei secoli, avevano stretto alleanza con Casa Savoia. Queste opere, collezionate a partire almeno dal 1919, pervennero a Racconigi per selezione dall’arredo di altre residenze sabaude dei territori ereditari o acquisite dopo l’unità d’Italia, oppure furono donate o ancora acquistate sul mercato antiquario, o da famiglie dell’aristocrazia piemontese e del territorio nazionale" [1]

Date 17th century
date QS:P571,+1650-00-00T00:00:00Z/7
Medium oil on canvas
medium QS:P186,Q296955;P186,Q12321255,P518,Q861259
institution QS:P195,Q19851
References https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0100399651
Source/Photographer http://ladyreading.forumfree.it/?t=39088458
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